ICRP 137 e le nuove raccomandazioni sul Radon: dall’approccio epidemiologico a quello dosimetrico. E l’Italia è ferma al 1993!
La stima degli effetti derivanti dall’esposizione al gas Radon ha avuto, negli anni, un’evoluzione.
In particolare, la Commissione Internazionale sulla Protezione dalle Radiazioni (ICRP, International Commission on Radiological Protection), ha dovuto correggere al rialzo i coefficienti per la valutazione del rischio derivante dall’esposizione al Radon.
Le prime raccomandazioni per la protezione contro i rischi derivanti dall’esposizione al Radon sono state pubblicate dall’ICRP nel 1993 e si basavano su studi di tipo epidemiologico condotti su un campione di lavoratori all’interno delle miniere di Uranio, particolarmente ricche di Radon (ICRP Publication 65 – Protection Against Radon-222 at Home and at Work).
Un successivo aggiornamento è arrivato nel 2010 a seguito della disponibilità di nuovi studi di tipo epidemiologico questa volta condotti non solo in condizioni di ambienti di lavoro considerati a rischio, ma anche in situazioni di esposizione di tipo “residenziale” dove sono stati osservati casi di tumore ai polmoni statisticamente significativi a concentrazioni medie annue di circa 200 Bq m-3 (ICRP Publication 115 – Lung Cancer Risk from Radon and Progeny and Statement on Radon).
Sulla base di tali studi ed in considerazione dei nuovi fattori di rischio, definiti nel 2007 dall’ICRP per l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, i rischi stimati per l’esposizione al radon sono risultati più che doppi rispetto a quanto precedentemente ipotizzato.
Nel 2018 una nuova pubblicazione dell’ICRP (ICRP, 2017. Occupational Intakes of Radionuclides: Part 3) rivede nuovamente al rialzo i coefficienti di rischio.
In questo caso i coefficienti sono stati stimati utilizzando un approccio “dosimetrico”, ovvero derivanti dal calcolo della dose assorbita dai polmoni a seguito dell’inalazione del Radon ma soprattutto dei suoi prodotti di decadimento, vera causa degli effetti negativi sulla salute delle persone.
Nella stima della dose assorbita si è tenuto conto delle diverse condizioni respiratorie dei potenziali soggetti esposti (è stata ad esempio fatta una distinzione tra una situazione di lavoro che richiede movimento e affaticamento da parte del lavoratore rispetto ad una situazione più sedentaria).
Per l’esposizione in ambiente domestico, il nuovo coefficiente di rischio stimato è stato incrementato di oltre il 20% rispetto al precedente.
Si riporta una tabella che riepiloga l’evoluzione nella stima dei fattori di rischio negli anni.
Dose corrispondente ad una concentrazione di 300 Bq/m3 | |||
1993 – ICRP 65 | 2010 – ICRP 115 | 2018 – ICRP 137 | |
Ambiente di lavoro (1) | 1,8 mSv | 4 mSv | 4 mSv |
Ambiente domestico (2) | 4,5 mSv | 10 mSv | 14 mSv |
(1) Si considera una permanenza media di 2000 ore/anno
(2) Si considera una permanenza media di 7000 ore/anno
Spiace sottolineare che l’attuale normativa italiana impone dei limiti di esposizione (e per i soli luoghi di lavoro) che si basano sulle stime di rischio del 1993!!!