No.
L’unico modo per individuare la presenza di Radon è misurarlo con strumenti accurati o sistemi di misura affidabili.
Se, come nella maggior parte dei casi, la fonte di ingresso di Radon nell’edificio è il suolo, il riscaldamento domestico nei mesi freddi crea un effetto “camino” che tende ad “aspirare” il Radon dal suolo. Altri fattori che influenzano l’ingresso del Radon all’interno, possono essere le condizioni climatiche esterne (temperature sotto lo zero, pioggia, vento…).
Il principale effetto che la presenza di Radon può avere sulla salute è il rischio di tumore polmonare, in particolare per i fumatori.
Recenti studi stanno mettendo in luce anche la correlazione tra la presenza di Radon e l’insorgenza di tumori del sangue, quali la leucemia.
No.
L’inalazione di Radon comporta l’esposizione dei tessuti polmonari ai raggi Alfa emessi durante il suo decadimento e l’accumulo dei suoi prodotti di decadimento radioattivi. Per ridurre il rischio è necessario ridurre l’esposizione, abbattendo la concentrazione di Radon negli ambienti, in particolare quelli in cui si passa più tempo.
Per una corretta valutazione della concentrazione di Radon è necessario effettuare una misura di lungo periodo (da qualche mese fino ad un anno).
In questo modo si ha una stima della concentrazione media di Radon che tiene conto delle sue fluttuazioni giornaliere e stagionali.
Una misura preventiva breve, di qualche giorno, può essere utile per individuare velocemente l’eventuale presenza di elevate concentrazioni di Radon permettendo di intervenire senza aspettare il termine di una misura di lungo periodo.
No.
Per conoscere la concentrazione di Radon presente, e quindi il livello di rischio della tua abitazione l’unico modo è eseguire delle misure.
Dipende.
La concentrazione di Radon può variare nel tempo anche da un anno all’altro. Nel caso in cui la concentrazione media di Radon misurata sia molto bassa, può essere consigliabile ripetere una misurazione, anche di breve durata ogni due o tre anni (il recepimento della direttiva Europea dovrebbe chiarire anche questi aspetti); nel caso in cui i valori misurati siano vicini ai limiti di legge, e si decide di non porre in atto delle azioni di mitigazione, è raccomandato eseguire monitoraggi più frequenti o installare un dispositivo elettronico per il monitoraggio in continuo del Radon.
La direttiva europea non fornisce requisiti in tal senso. Tali indicazioni potrebbero essere fornite dalla nuova normativa italiana, prossima alla pubblicazione. Negli Stati Uniti si raccomanda di ripetere comunque il monitoraggio ogni due anni.
Il KIT proposto da Niton impiega rivelatori CR-39 di tipo passivo. Significa che non è possibile leggere il risultato direttamente sul dispositivo ma lo stesso, dopo il periodo di esposizione, deve essere rispedito a Niton per l’analisi. Successivamente viene inviato un report con i risultati delle misure (incluso nel prezzo di acquisto).
I rivelatori, una volta preparati da Niton, iniziano a misurare la concentrazione di Radon in aria. Per questo al momento della loro preparazione vengono termosigillati in buste apposite (testate presso la camera Radon del Politecnico di Milano) a tenuta di radon. In questo modo il radon presente nell’ambiente non entra all’interno della bustina e la misura inizia realmente nel momento in cui la busta viene aperta ed i rivelatori posizionati. Per lo stesso motivo è importante, dopo il periodo di esposizione, rispedire a Niton i rivelatori utilizzati entro pochi giorni.
La parte sensibile dei rivelatori CR-39 subisce, nel tempo, effetti di “fading” (perdita dell’informazione) e di “ageing” (invecchiamento). La conseguenza è una perdita di sensibilità al Radon se conservati ed utilizzati per troppo tempo. Per questo motivo sulla bustina contenente i rivelatori è applicata un’etichetta che indica il termine massimo per la restituzione dei rivelatori a Niton per l’analisi. Per lo stesso motivo Niton indica come periodo massimo di esposizione quello di circa 6 mesi.
Nel KIT è inserito un pieghevole di istruzioni illustrato per il corretto posizionamento dei rivelatori. Tali istruzioni sono state redatte in accordo con i protocolli internazionali riconosciuti per la misura del Radon (sia americani che europei).
E’ possibile fare il download delle istruzioni per il corretto posizionamento dei rivelatori CR-39 al seguente link:
Per ridurre la concentrazione di Radon è necessario porre in atto quelle che sono chiamate “azioni di mitigazione”. E’ necessario l’intervento di un professionista qualificato e competente per uno studio preliminare delle possibili vie di ingresso del Radon e delle condizioni dell’edificio, che porti all’individuazione delle tecniche più efficaci da adottare.
Una volta poste in atto le azioni di mitigazione, o anche nei casi in cui basse concentrazioni di Radon non richiedano interventi, è possibile adottare pochi semplici accorgimenti (descritti nelle pagine del nostro ebook) per migliorare ulteriormente la qualità dell’aria in casa, non solo per quanto riguarda la presenza di Radon.
Dipende.
Se le azioni di mitigazione poste in atto sono quelle corrette per le condizioni dell’edificio e se ne è verificata l’efficacia, è improbabile che si debbano effettuare interventi successivi (a meno che l’edificio sia soggetto ad interventi di ristrutturazione, a modifiche impiantistiche importanti o che si verifichino eventi sismici).
In alcuni casi limitati le azioni di mitigazione poste in atto potrebbero non essere risolutive sebbene siano comunque quelle ottimali. In questo caso, se il professionista è qualificato, è in grado di individuare i limiti della soluzione proposta, di spiegarli al Cliente e di pianificare eventuali azioni correttive nel caso in cui negli anni la concentrazione di Radon torni ad essere preoccupante.
No.
Nel caso in cui l’introduzione di Radon in casa derivi dall’acqua domestica, è necessario intervenire “alla fonte”. Si deve però tenere presente che, nei rari casi in cui ciò si verifica, il prelievo dell’acqua domestica avviene direttamente da un pozzo.
In caso di approvvigionamento di acqua domestica dalla rete idrica, il trattamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle acque potabili, favoriscono il degassamento del Radon.
Per maggiori approfondimenti è possibile leggere l’articolo a questo link: